Scene dell'antico e del nuovo Testamento

Luogo di conservazione: Camposanto
Indirizzo: Piazza dei Miracoli, Pisa

Gli affreschi eseguiti da Benozzo Gozzoli per il Camposanto di Pisa rappresentano una delle opere di maggior rilevanza per comprendere l’ingegnosità, l’eccellenza e l’abilità del pittore, anche se i dipinti subirono danni irreparabili durante i bombardamenti del 1944.

Chi ebbe la fortuna di ammirarli prima di questo drammatico evento poté scrivere che, esaminando gli affreschi di Benozzo, sembrava di fare "quel salto medesimo che fece la pittura in appresso da Masaccio a Raffaello". Così ancora una volta questo fecondissimo artefice veniva definito "il Raffaello degli antichi".

Benozzo iniziò a dipingere le ventisei storie con episodi tratti dall’antico e dal nuovo Testamento nel 1468, su commissione dell’Opera Primaziale di Pisa, l’istituzione laica che garantiva la costruzione e la conservazione del complesso pisano. A questo ente si erano già rivolti per ottenere il prestigioso incarico - forse all’epoca uno dei più importanti in Italia - due pittori settentrionali: Andrea Mantegna e Vincenzo Foppa. E’ probabile che Benozzo riuscì ad ottenere questo lavoro anche grazie all’intercessione della famiglia Medici (lo stesso arcivescovo di Pisa Filippo di Vieri dei Medici era un membro della potente casata).

Grazie alle preziose incisioni eseguite da Domenico Landini a corredo del volume sulle Pitture a fresco del Campo Santo di Pisa, edito a Firenze nel 1812, e ad alcune fotografie scattate prima dell'incendio prodotto da uno spezzone lanciato da un aereo nel luglio del 1944, è possibile farsi un’idea delle pitture che Benozzo aveva affrescato sulla parete ovest del Camposanto monumentale.

Lo schema e l’impostazione delle scene furono imposti al Gozzoli dalla precedente decorazione pittorica, iniziata alla metà del Trecento da Piero di Puccio e protratta fino alle fine del secolo, poi interrotta a causa delle vicende politiche che in quegli anni interessarono la città. Il pittore suddivise la vasta parete in due fasce uguali, a loro volta spartite, ciascuna, in tredici riquadri incorniciati da un fregio decorato all’antica. Ogni storia era accompagnata da un’iscrizione in lingua volgare, una sorta di didascalia a corredo del racconto raffigurato. Benozzo ebbe la capacità di esercitare al meglio la propria inventiva nella rappresentazione di queste storie antiche, riuscendo ancora una volta a trasporre il racconto nella quotidianità del suo tempo. Lo spettatore in visita al prestigioso Camposanto monumentale, già all'epoca una delle meraviglie della penisola, poteva riconoscere i personaggi illustri e i cittadini del tempo, oltre a celebri e complesse architetture quali il palazzo Medici di Firenze e il Pantheon di Roma.

A seguito della terribile catastrofe, l’intero ciclo di affreschi, che comprendeva oltre alle pitture del Gozzoli quelle di alcuni artisti trecenteschi (Spinello Aretino, Bonamico Buffalmacco, Andrea Buonaiuti, Taddeo Gaddi, Piero di Puccio, Francesco Traini, Antonio Veneziano, Francesco da Volterra) e cinque-seicenteschi (Paolo Guidotti Borghesi, Agostino Ghirlanda, Aurelio Lomi, e Zaccaria Rondinosi), fu sottoposto ad un intervento di protezione e di strappo, che per estensione non aveva paragoni nella storia del restauro.

Per ovvie ragioni queste operazioni furono condotte con precarietà e in molti casi sperimentando nuove tecniche d’intervento e una varietà di materiali che si sarebbe rivelata in seguito non sempre adeguata alla conservazione delle pitture: pur avvertendone ancora oggi le conseguenze, la scelta operata allora, l'unica possibile per l'epoca, permise di salvare ciò che rimaneva di questi splendidi capolavori. Già alla fine degli anni Cinquanta alcune pitture, restaurate e rimontate su supporti di eternit furono ricollocate nel Camposanto, mentre altre (Trionfo della MorteGiudizio Universale, Inferno, Storie degli anacoreti, Crocifissione e Ascensione) furono esposte nel salone appositamente allestito in uno spazio contiguo al monumento. Già all’epoca mentre si proseguiva a staccare le pitture dalle pareti originarie i tecnici si resero conto delle problematiche di conservazione che incombevano sugli affreschi già staccati, degrado dovuto principalmente alla caseina, il legante utilizzato durante le operazioni di restauro condotte d'urgenza. Grazie alle nuove esperienze di restauro - maturate purtroppo sui danni seguiti all’alluvione di Firenze - fu utilizzata una tecnica innovativa, ovvero l’impiego di supporti in pannelli di vetroresina dove le superfici dipinte furono riapplicate su strati doppi di tela di canapa, utilizzando come legante, al posto della caseina, una resina acrilica. Per vigilare su questa complessa operazione, l’Opera Primaziale Pisana decise di costituire una Commissione scientifica permanente (in precedenza una commissione era stata riunita per decidere la musealizzazione delle pitture nei nuovi spazi adeguatamente predisposti) composta da esperti del settore, tra i quali Umberto Baldini, al tempo direttore dell’Opificio delle Pietre Dure. Furono stabilite delle linee guida d’intervento, sostenute da un rigoroso studio volto a stabilire la ricollocazione in loco dell’intero ciclo di pitture, attuando in principio un ‘cantiere pilota’ sulla parete Ovest, dove le periodiche verifiche confermarono l’assenza di problematiche legate ad un ulteriore degrado. Fu quindi ritenuto opportuno seguitare con la sistemazione degli affreschi sulla parete Est e di formalizzare una Direzione tecnico -scientifica nelle persone di Umberto Baldini (scomparso nel 2006 e in questo ruolo sostituito da Antonio Paolucci), Clara Baracchini e Antonino Calca; nel corso degli anni questo Comitato si è occupato costantemente del complesso restauro. Durante l’ordinamento degli affreschi sulle pareti originarie, si scoprì che il ciclo di Buffalmacco, esposto a partire dal 1960 nella sala attigua al Camposanto, era interessato da vari fattori di degrado. Escluso fino a quel momento dal restauro, è stato recentemente sottoposto ad un’approfondita campagna diagnostica che ne ha valutato lo stato di conservazione e ne ha determinato nuove e più appropriate tecniche di intervento.

Anche gli affreschi di Benozzo Gozzoli, dopo un accurato restauro, potranno tornare ad essere visibili nel loro primitivo luogo. Dal 2005 sono state ricollocate le scene con la Vendemmia e l’ebbrezza di Noè , la Maledizione di Cam e, recentemente, anche l’episodio della Costruzione della Torre di Babele . Dal 2011 si può nuovamente ammirare l’intero ciclo gozzoliano lungo la parete nord del monumentale Camposanto pisano.

L’Opera Primaziale Pisana si è inoltre impegnata a valorizzare e a rendere fruibile questo complesso e prestigioso intervento di restauro pubblicando in rete (http://www.opapisa.it/index.php?id=287) i risultati dei lavori in corso.